DE PISIS E DONGHI, INSIEME |
Li guardi, quei fiori, e non ti sembrano più fiori.
Non sono natura, non sono ornamento, non sono vita che sboccia: sono
pensiero che si fa forma, ossessione che si fa pittura. |
Nella mostra "FLORA" alla Villa dei Capolavori ci sono anche
splendide opere di Antonio Donghi e Filippo de Pisis. Due artisti che
attraverso i fiori raccontano due
visioni del mondo.
Una ferma, glaciale,
tagliente come il silenzio di certe stanze chiuse. L’altra febbrile,
disperata, intima come una confessione. E nel mezzo, il fiore: creatura
fragile, usata, trafitta. Ma anche testimone. Di ciò che siamo quando
cerchiamo la bellezza. O la fine.
I fiori di Donghi vivono
in un tempo
fermo, come imprigionati nella perfezione formale.
Immobili, senza ombra né slancio, si stagliano in una fissità che ha
qualcosa di medianico. Ogni petalo sembra cesellato, scolpito in un
silenzio assoluto. Una natura morta che si fa "vita
silenziosa", dove il mistero non si nasconde, ma si offre in una perfezione enigmatica. È il realismo magico a
guidare la sua mano: come in un
mondo senz'aria nulla si muove, eppure tutto vibra di
senso.
Poi,
improvviso, arriva il Gladiolo
fulminato di de
Pisis. Un fiore che è già un’epifania, fragile e
vibrante, colto nell’attimo in cui la bellezza si consuma. La
pennellata "corsiva e veloce", drammatica. Un fulmine,
immaginato, colpisce il fiore come un presagio. L’erotismo sottile,
la malinconia accesa, la vita che si spegne nel gesto stesso del suo
fiorire. |
Filippo de Pisis, Il gladiolo
fulminato, 1930, olio su cartone. © De Pisis Filippo, by SIAE 2025 |
Come Donghi è
sospensione, controllo, geometria, de Pisis invece è febbre, decadenza,
improvviso abbandono. Entrambi raccontano il fiore come simbolo:
di un silenzio impenetrabile o di una fragilità che si espone.
Alla Villa dei
Capolavori, tra le sale della mostra "FLORA. L'incanto dei fiori nell'arte italiana dal
Novecento a oggi" si realizza questo dialogo. Da una parte, la
sezione SILENZIOSI,
dove Donghi abita l’eternità dei gesti immoti. Dall’altra, INQUIETI, dove de
Pisis esplora l’agonia luminosa delle cose che finiscono.
Due
visioni distanti, due anime della grande Arte italiana del Novecento
che il fiore, con la sua apparente semplicità, riesce a sintetizzare. |
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“Restaurare un giardino
storico è un gesto di cura, di ascolto, di memoria. È raccontare — con
fiori, sentieri e alberi — la storia di una dimora e delle persone che
l’hanno abitata, amata, trasformata.” Così racconta Elisa Marmiroli,
agronoma paesaggista, che insieme all’architetto Alberto Bordi ha guidato il
restauro del Parco Romantico della Villa dei Capolavori. Un progetto
che unisce esperienza botanica, sensibilità estetica e un rispetto
profondo per lo spirito dei luoghi.
Tre anime convivono
oggi nel giardino, rinate grazie al progetto sostenuto dal PNRR.
Il Giardino
all’italiana è la parte più antica, riconoscibile dalla
sua geometria armoniosa. Il restauro ne ha restituito la forma
originale, rendendola nuovamente leggibile e viva, arricchita da nuove
fioriture: iris e ortensie, colori delicati che celebrano l’eleganza
delle stagioni. |
Il
Giardino all’inglese è quello che ha subito una
trasformazione più significativa. In particolare è stato possibile
ripristinare il laghetto presente nel disegno ottocentesco sotto forma
di un moderno
biolago che diventerà la casa di specie preziose come le ninfee, il
rospo smeraldino,
la damigella.
Infine, il Giardino contemporaneo,
una novità assoluta per il Parco Romantico. Apparentemente disordinato,
in realtà attentamente disegnato ispirandosi al linguaggio del “New
Perennial Movement”. Un’arte del giardino che nasce dalla relazione tra
specie botaniche e paesaggio, e che trova eco nei parchi dei grandi
musei europei. Qui le fioriture sono scelte per convivere con le piante
storiche e per mutare con le stagioni. Profumi tenui e toni caldi che
accompagnano ogni passaggio del tempo.
“C’è una responsabilità
profonda nella scelta delle piante: devono essere belle, certo, ma
devono anche saper raccontare. Così, accanto ai fiori amati da Luigi
Magnani — le ortensie —, fioriscono gli iris, prediletti da grandi
artisti come Van Gogh.”
Ma questo parco non è
soltanto un’opera vegetale. È un palinsesto di vite e visioni.
Nella seconda metà dell’Ottocento, Marianna Panciatichi Ximenes — una
delle prime naturaliste italiane — abitava la Villa. Insieme al marito, Alessandro
Paulucci, progettò il giardino all’inglese, importando piante rare,
facendo erigere un capanno accanto al lago per coltivare azalee,
ortensie, orchidee. Poi vennero i conti Zileri Dal Verme, e infine
Luigi Magnani. musicologo, collezionista, intellettuale che qui accolse
grandi figure del Novecento come Ungaretti, Montale, Morandi, Lorenz,
Margaret d’Inghilterra. Camminavano insieme tra tassi e cedri del Libano, circondati dai
pavoni.
Oggi, il Parco Romantico torna a parlare. Con voce nuova, ma radicata nella memoria.
Un restauro che è anche
un atto poetico. “Perché un giardino è, sempre, un luogo in cui il
tempo si trasforma in bellezza”.
Elisa
Marmiroli è un'agronoma e garden designer
fondatrice di Studio
Àrbora. Si occupa della progettazione e cura di giardini e
spazi verdi di ogni dimensione, dai giardini urbani ai grandi parchi di
campagna. La sua attività si concentra in particolar modo sulla creazione
di spazi che uniscono estetica, funzionalità e sostenibilità,
promuovendo un approccio armonico con la natura. Elisa è attiva anche
nella divulgazione e formazione, scrive articoli e organizza corsi per
professionisti e appassionati. |
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Fondazione
Magnani-Rocca
via Fondazione
Magnani-Rocca 4, Mamiano di Traversetolo (Parma).
MOSTRA FLORA.
L’incanto dei fiori nell’arte italiana dal Novecento a oggi
a cura di Daniela
Ferrari e Stefano Roffi. La mostra è stata realizzata in collaborazione
con Mart - Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto.
Con il supporto di Fondazione Cariparma e Crédit Agricole Italia
image
credits
Filippo de Pisis, Il gladiolo
fulminato, 1930, olio su cartone. Museo d’Arte Moderna Filippo de
Pisis, Ferrara © De Pisis Filippo, by SIAE 2025
Antonio Donghi, Fiori, 1935, olio su tela. UniCredit Art Collection ©
Antonio Donghi, by SIAE 2025 |
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